Di Silla abbiamo già detto che era stato ufficiale di Mario al tempo della guerra contro Giugurta.

Nell’88 a. C. Silla fu eletto console e gli venne affidato il comando di un’importante spedizione in Asia, una delle regioni che Roma ambiva conquistare.

 

Mario, pur essendo ormai anziano, si vedeva privato di un incarico prestigioso e, soprattutto, la sua parte politica, i cavalieri, non voleva lasciarsi sfuggire il controllo dell’operazione.

Fu questa l’occasione concreta da cui nacque la guerra fra i due personaggi.

Mario, infatti, fece in modo che il comando della spedizione fosse tolto a Silla e dato a lui.

 

Silla allora, prese una decisione senza precedenti: fece una marcia su Roma e

la conquistò militarmente.

 

Effettivamente Mario aveva agito in maniera spregiudicata, in quanto esisteva una delibera del Senato che dava al suo avversario il comando legittimo della guerra.

D’altro canto Silla, per rimettere a posto la legalità, compì un atto ancora più illegale, occupando militarmente la capitale e facendo strage dei suoi avversari.

 

Qual è dunque la grande novità di quest’episodio?

 

Che ormai la politica romana non è decisa dalle elezioni popolari e dalla discussione democratica in senato, ma dai comandanti degli eserciti.

 

Certo anche prima Roma non era un paradiso della democrazia e la politica era un gioco sporco, ma nessuno, prima di Silla, aveva mai osato pensare di ottenere un incarico importante conquistando militarmente la propria capitale e assassinando i suoi avversari.

 

Da cos’era stato reso possibile un tale evento?

 

Dalla riforma dell’esercito fatta da Mario.

Prima, infatti, gli eserciti erano costituiti da cittadini che svolgevano il servizio militare a proprie spese per la Repubblica, adesso da soldati di professione che si aspettavano di essere degnamente ricompensati dal proprio generale ed erano fedeli a lui e solo a lui, anche quando chiedeva di compiere atti di un’illegalità senza precedenti.

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