Petronio, Satyricon Capp. 111-112

 

La Matrona Di Efeso

 

A Efeso[1] viveva una sposa[2] la cui fedeltà era così celebre che alcune donne venivano ad ammirarla persino dalle nazioni vicine.

Questa sposa, quando le morì il marito, non si limitò - come voleva l'uso - a seguire il funerale coi capelli sciolti e a battersi il petto nudo davanti alla folla, ma seguì il defunto nel sepolcro, dove cominciò a vegliare il corpo (sepolto in un ipogeo[3] al modo greco) e a piangerlo giorno e notte.

Era così determinata a morire di fame che non poterono dissuaderla nemmeno i genitori e i parenti; dovettero rinunciare da ultimo anche i magistrati, respinti come gli altri. E tutti piangevano per quest'eccezionale esempio di donna che ormai digiunava da cinque giorni.

L'infelice era assistita da una fedelissima serva, che piangeva insieme alla padrona e rinnovava il lume del sepolcro ogni volta che era sul punto di spegnersi.[4]

In città non si parlava d’altro e ognuno, a prescindere dalla classe sociale, doveva ammettere che  questo era il più splendido esempio di vera fedeltà e vero amore.  

Intanto, il governatore della provincia ordinò che dei ladri venissero crocifissi proprio vicino al luogo in cui la sposa piangeva il cadavere. La notte seguente, un soldato, messo a guardia delle croci per evitare che qualche corpo venisse trafugato, notò una luce che risplendeva chiara tra i sepolcri e qualcuno che piangeva. Per il vizio della curiosità proprio degli esseri umani, desiderò sapere chi fosse e che stava succedendo. Discese dunque nel sepolcro e, vista quella bellissima donna, in un primo momento rimase turbato, quasi fosse un fantasma o una visione ultraterrena. Ma dopo aver osservato quel corpo disteso e notate le lacrime e il volto segnato dalle unghie, capì come stavano le cose, cioè che quella donna non riusciva a reggere la nostalgia del defunto; portò allora nel sepolcro la sua povera cena, e cominciò a confortare la donna in lacrime, non perseverasse in un dolore inutile, non emettesse più gemiti dal petto, per tutti c'è la stessa fine e la stessa dimora. E tutti gli altri argomenti con cui si può riportare alla sanità una mente forsennata. Ma lei, stupita della consolazione di quello sconosciuto, lacerò il petto ancora più violentemente, si strappò i capelli e li adagiò sul corpo disteso. Il soldato tuttavia non si arrese, ma con la stessa determinazione provò a dare del cibo a quella povera sposa finché la serva, vinta dall'odore di quel cibo divino, per prima allungò la mano, arrendendosi alla cortesia di chi gliel’offriva; quindi, rifocillata dall’acqua e dal cibo, cominciò a porre l'assedio all'ostinazione della padrona.

“A che ti serve tutto questo? Se ti lascerai vincere dal digiuno, se ti seppellirai viva, se prima che il destino te lo chieda esalerai la tua anima innocente?

Credi che lo sentiranno la cenere e i defunti sepolti?[5]

Vuoi tornare a vivere? Vuoi smetterla con queste sciocchezze da donnicciola e godere le gioie della luce fin quando il sole splenderà? Questo stesso cadavere dovrebbe spronarti a vivere”.

Nessuno ascolta controvoglia quando gli si consiglia di nutrirsi e di vivere. E così la sposa, indebolita da quei giorni di astinenza, accettò che fosse infranta la sua ostinazione, e si rimpinzò di cibo con un'avidità non minore della serva che si era arresa per prima.

Ora, sappiamo tutti qual è la tentazione maggiore quando uno è sazio. Con le stesse lusinghe con cui il soldato aveva ottenuto che la sposa desiderasse di vivere, cominciò a porre l'assedio alla sua fedeltà.

Alla sposa fedele il giovane non sembrava né brutto né privo di eloquenza, e la serva ne conciliava i favori e le diceva continuamente:

“Lotterai dunque contro un amore piacevole?” [6]

Che bisogno c'è di tirarla per le lunghe? La sposa non fece rimanere a digiuno nemmeno quest'aspetto del corpo, il soldato vincitore li persuase entrambi.

Giacquero dunque non solo la notte in cui fecero le nozze, ma anche il giorno seguente e il successivo, si intende dopo aver chiuso la porta del sepolcro, così chi venisse, conosciuto o sconosciuto, avrebbe pensato che la castissima sposa era morta sul cadavere del marito.

Il soldato, felice per la bellezza della donna e per la segretezza di quegli incontri, comprava quello che di buono poteva permettersi e al calar della notte lo portava nel sepolcro.

Accadde così che i genitori di uno dei crocifissi, accortisi che le croci erano incustodite, durante la notte tirarono giù il corpo e gli diedero l'estrema sepoltura.

Il soldato, ingannato mentre si lasciava andare ai piaceri, appena il giorno seguente vide una delle croci senza cadavere, terrorizzato per la punizione che lo aspettava, raccontò tutto alla donna: non avrebbe aspettato la sentenza, avrebbe fatto giustizia del suo tradimento con la spada; pensasse lei a trovare un luogo a chi stava per uccidersi e rendesse gli onori funebri all'amante e al marito. Ma la donna, non solo casta ma anche misericordiosa: “Gli dei non permettano cheio vegli nello stesso tempo il funerale di due uomini a me carissimi. Preferisco appendere il morto piuttosto che uccidere il vivo”.

Dunque, suggerì che il cadavere del marito fosse estratto dalla bara e appeso alla croce rimasta vuota.

Il soldato mise in pratica l'idea di questa donna piena di ingegno e il giorno seguente la gente si chiedeva stupita come avesse fatto un morto a salire sulla croce.



[1]Al tempo di Petronio era la capitale della provincia romana di Asia che l'autore conosceva dato che aveva ricoperto alti incarichi politici in Bitinia.

[2]Il testo latino dice significativamente matrona, termine che nella cultura romana indica la buona madre di famiglia, custode della casa e delle virtù domestiche.

[3]Tomba sotterranea. Il fatto che la tomba sia sottoterra e quindi non visibile dall'esterno, sarà importante per il prosieguo della vicenda.

[4]Degna serva di tanta padrona, la serva è inizialmente fedelissima, come la padrona è castissima. Il suo compito, in questa fase, è mantenere acceso il lume nella tomba. Più avanti, manterrà accesa la passione vitale della padrona … con tutto quello che ne conseguirà.

[5]Si tratta di un verso tratto dall'Eneide (4, 34), in cui Anna cerca di convincere la sorella Didone a non rinunciare ai piaceri che la vita può ancora riservarle.

[6]Altro verso tratto dall'Eneide (4, 38), in cui Anna risponde all’esitazione della sorella Didone, incerta se rimanere fedele al defunto marito o cedere alla passione per Enea. È ovvio che il parallelo fra Didone, eroina epica, e questa vedova è tutto a svantaggio della seconda.