Riforme di Ottaviano

Dopo la battaglia di Azio del 31 a. C., e la morte di Antonio, Ottaviano rimase l'unico leader dell'impero romano.

A partire da questo momento, iniziò una serie di riforme che avrebbero trasformato Roma in una monarchia di fatto.

Sia chiaro, però, che Ottaviano non assunse mai il titolo di rex.

Anzi, paradossalmente, nessun imperatore romano assunse mai tale titolo; essi, dal punto di vista formale, furono sempre e solo magistrati incaricati dal Senato.

 

I gruppi di affari che avevano sostenuto Ottaviano erano soprattutto i cavalieri, per cui il nuovo leader maximo, iniziò una serie di riforme per avvantaggiarli a scapito della vecchia classe senatoriale.

 

Divise innanzitutto le province dell'impero: alcune sarebbero state amministrate, come prima,  dal Senato tramite i suoi magistrati, mentre altre sarebbero state amministrate direttamente da Ottaviano tramite dei funzionari, i prefetti, nominati direttamente da lui e che solo a lui e non al Senato avrebbero dovuto rendere conto.

 

Queste province imperiali erano quelle poste ai confini o nelle quali, comunque, si diceva, più pressanti erano i problemi di ordine pubblico.

In queste, pertanto, fu deciso di dislocare gli eserciti.

 

In questo modo Ottaviano si garantiva il controllo delle forze armate, dato che nessun senatore aveva eserciti regolari nella propria provincia e i generali delle truppe di stanza nelle province imperiali erano nominati direttamente da Ottaviano.

Così egli otteneva un duplice risultato: toglieva al senato il controllo dei militari ed evitava il rischio che emergesse un nuovo leader capace di contrastarlo.

 

Un altro duro colpo al Senato fu la decisione di separare la gestione finanziaria delle nuove province imperiali.

Mentre le tasse pagate nelle province senatorie avrebbero continuato ad arrivare nelle casse del tradizionale Aerarium ed essere gestite dal Senato, le tasse riscosse nelle province imperiali sarebbero confluite in un nuovo organismo appositamente creato, il Fisco, che faceva capo, manco a dirlo, a Ottaviano.

Insomma sarebbe come se il nostro primo ministro dividesse le regioni italiane e le tasse pagate da alcune fossero amministrate dal Parlamento, le tasse di altre direttamente dalla sua banca.

Con questo provvedimento Ottaviano accrebbe enormemente le sue ricchezze personali, tolse credibilità e potere ai suo avversari politici e si garantì una riserva di denaro da utilizzare per scopi propagandistici, sia che si trattasse della costruzione di opere pubbliche e quindi della creazione di posti di lavoro, sia del finanziamento di opere d'arte che esaltassero encomiasticamente il suo governo (l'Eneide ad es., costò a Ottaviano la cifra ragguardevole di 10.000 sesterzi, circa  2 milioni di euro attuali).

 

Dopo aver assunto il controllo delle forze armate, il controllo diretto di metà dell'impero e delle sue risorse finanziarie, Ottaviano iniziò ad assumere il controllo del potere legislativo.

Lo fece sempre alla sua maniera, presentandosi non come un rivoluzionario, ma come il garante dell'ordine costituito.

Si fece eleggere console: in tal modo si garantiva il diritto di convocare il Senato e di proporre leggi.

Come sappiamo il consolato era una magistratura elettiva e annuale.

Ottaviano, però, fu nominato console anno dopo anno, in pratica fu console a vita.

 

In più divenne princeps senatus, una carica onorifica che spettava tradizionalmente al senatore più anziano in carica e che, invece, eccezionalmente fu conferita a Ottaviano per aver riportato la pace nell'impero.

Il princeps senatus aveva il diritto di votare per primo in assemblea, potendo così influenzare la decisione degli altri senatori.

 

A Roma, tuttavia, esistevano due assemblee legislative: il Senato e i Comizi plebei.

 

Ottaviano si fece nominare, nel 23 a. C., tribuno della plebe, con un più di auctoritas rispetto ai colleghi.

In quanto tribuno poteva convocare i comizi, proporre leggi e opporre il diritto di veto ad eventuali decisioni scomode prese in Senato.

E se qualche tribuno particolarmente coraggioso avesse voluto opporsi a lui, a Ottaviano?

Avendo il diritto di veto, avrebbe potuto costituire una seria minaccia.

Invece, avendo un'auctoritas maggiore, il voto di Ottaviano contava più degli altri.

In pratica era una dittatura, ma opportunamente mascherata.

 

E se per caso il senato avesse comunque voluto votare contro Ottaviano o se qualche generale particolarmente intraprendente avesse tentato di occupare Roma con la forza, come già Silla e Cesare?

A questo scopo Ottaviano, decise di istituire uno speciale corpo di guardia, per evitare possibili attentati terroristici alla sua persona: la coorte pretoria.

Novemila uomini ben armati, ben addestrati e soprattutto fedelissimi a Ottaviano.

Quando si trattava di far approvare dal Senato un provvedimento particolarmente dibattuto, la coorte si schierava in assetto da combattimento davanti all'ingresso del palazzo dove i senatori si stavano recando a votare.

Guarda caso da questo momento, il Senato non votò mai un provvedimento contrario agli interessi del princeps.

 

Ricapitoliamo: Ottaviano aveva assunto il controllo delle forze armate, del potere legislativo ed esecutivo.

Cosa gli mancava?

Il potere giudiziario, tradizionalmente gestito dai senatori.

 

Anche in questo caso Ottaviano agì in modo soft dal punto di vista formale e devastante sotto il profilo della sostanza.

Confermò che le attività giudiziarie erano controllate dal Senato, ma inventò il processo d'appello.

In pratica, si diceva nell'interesse dei cittadini e per aumentarne i diritti, si decise che se un cittadino romano avesse subito una condanna che riteneva ingiusta, sarebbe stato suo diritto chiedere un nuovo giudizio direttamente al princeps.

Egli, infatti, era super partes e avrebbe agito secondo equità e giustizia.

Da quel momento, ovviamente, chiunque fosse in grado di pagare un bravo avvocato, ricorreva in appello presso i tribunali appositamente istituiti dal princeps con funzionari da lui nominati che, al solito, rispondevano direttamente a lui.

I magistrati del Senato, nella sostanza, non contavano più nulla.

 

Infine, giusto per completare la collezione, decise di farsi nominare pontifex maximus, assumendo l'ultimo potere che gli mancava: il potere religioso.

 

Se volessimo fare un paragone spicciolo con la nostra realtà, in pratica Ottaviano era, contemporaneamente e a vita: Primo ministro, Presidente della Repubblica, Capo delle forze armate, Ministro dell'Economia e degli Esteri, Capo del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), proprietario della Banca d'Italia (o di una sua parte cospicua), proprietario di tutte le televisioni, dei giornali e di internet, Capo dei servizi segreti e, infine, Papa.